Cosa sono i PIR? Ne abbiamo già parlato, ma oggi andiamo oltre all’analisi e vi propongo un confronto concreto tra un investimento in PIR e il suo diretto concorrente, l’ETF.
La tabella che utilizzo per il confronto la trovate in calce all’articolo: è UN REGALO CHE VI FACCIO, la potete scaricare e utilizzare anche per le vostre simulazioni.
Come sempre però, prima di passare ai confronti, partiamo da definire le caratteristiche tecniche dello strumento che stiamo analizzando, così da avere le basi per qualunque tipo di analisi.
PIR definizione e caratteristiche
Definizione:
- Piani individuali di risparmio (in sigla PIR): la definizione tratta dalla versione ufficiale ci spiega che PIR sta per Piani Individuali di Risparmio. I PIR sono uno strumento d’investimento che ha come scopo principale quello di indirizzare il risparmio di persone fisiche verso l’economia reale. Sottoscrivendo un PIR, l’investitore acquista quote di un fondo comune, sicav o polizze assicurative, che investono una parte delle disponibilità sulle piccole e medie imprese italiane.
Caratteristiche:
- Il PIR deve essere costituito per una quota del 70% da obbligazioni e azioni di società quotate e non, emesse da imprese residenti in Italia, o negli Stati membri dell’UE, ma con attività stabile in Italia. Almeno il 30% del citato 70%, deve essere investito in strumenti finanziari non inclusi nell’indice FTSE MIB. A tutela dei risparmiatori è stato posto un limite massimo di concentrazione del 10% per ogni singolo emittente di strumenti finanziari.
- Si possono investire in PIR al massimo 30.000 Euro annuali e fino a 150.000 Euro complessivi. L’investimento minimo è invece di 500 Euro.
- I PIR godono di una agevolazione fiscale rappresentata dall’esenzione della tassazione sulle plusvalenze (non paghi la tassazione del 26% sui guadagni), purché l’investimento rimanga in portafoglio per almeno 5 anni.
L’agevolazione decade se gli importi vengono ritirati prima del vincolo temporale quinquennale o se non vengono rispettate le quote d’investimento previste dalla legge. In quel caso sorge l’obbligo di corrispondere le imposte non pagate…con i relativi interessi.
Analisi PIR
La mission dichiarata dei PIR è quella di sostenere l’economia, le piccole e medie imprese italiane ma questa lodevole intenzione, che viene pubblicizzata e raccontata dalle banche, è sostanzialmente falsa…
I PIR sono stati “inventati” (in accordo con il legislatore) in realtà, per sostenere l’industria del risparmio gestito. La gestione attiva dei fondi comuni sta perdendo ingenti flussi di denaro sempre più indirizzati a favore dei molto più economici ETF.
Per le banche perdere risparmio gestito significa perdere commissioni.
Inoltre, dettaglio sottile ma rilevante, in questa mission è presente un evidente errore logico. Il denaro che i cittadini investono su uno strumento finanziario non entra all’interno delle aziende sostenendone il sano sviluppo industriale, ma determina soltanto uno scambio di proprietà tra soci. Se il fondo ha il mandato di investire denaro sulle PMI italiane, semplicemente inserirà ordini di acquisto su tali aziende. L’aumentare degli ordini d’acquisto favorirà l’innalzamento delle quotazioni per trovare soci disposti a vendere le loro partecipazioni e così via. Nessun denaro verrà investito ad esempio in ricerca e sviluppo, ma partirà soltanto un turbinio di scambi che porterà al rialzo dei corsi azionari.
Da qui, evidentemente, anche un non trascurabile rischio “bolla”.
PIR e ETF a confronto
Al di là delle motivazioni, il confronto tra un investimento in PIR e uno in ETF è una partita che si gioca con due carte:
- Esenzione della tassazione sulle plusvalenze
- Costi di gestione
Esenzione della tassazione sulle plusvalenze
Il PIR rispetto a un ETF, prevede questo grosso vantaggio che in Italia, vista la tassazione sulle plusvalenze, non è affatto trascurabile (26%) e merita quindi una particolare attenzione.
Dall’altra parte per ottenerlo c’è un vincolo di 5 anni, che non considero penalizzante, in quanto qualunque fondo andrebbe inserito in portafoglio con un orizzonte pluriennale.
Costi di gestione
I costi di gestione dei PIR sono invece molto penalizzanti, perché sono spesso elevati. Giocando sull’ignoranza di molti investitori e sul miraggio dei vantaggi fiscali, diverse “case” hanno pompato i costi dei loro prodotti.
Attenzione perché i costi sono un capitolo davvero rilevante nella scelta degli investimenti. Occorre analizzare con cura le schede informative, perché non tutti i prodotti sono uguali.
Facciamo una simulazione.
Tra i PIR più “aggressivi” si riscontrano profili con un 70% di azionario (principalmente Italia, ma anche resto del mondo) e un 30% obbligazionario.
Con questa allocazione si può ipotizzare un rendimento medio del 6% annuo (che è una media ponderata del rendimento storico dell’azionario e dell’obbligazionario).
Supponiamo di avere commissioni di gestione del 2% (si tratta di una media: esistono PIR con commissioni inferiori e superiori).
Il nostro rendimento annuo netto risulta quindi pari al 4%.
Se utilizzassimo un ETF con il medesimo benchmark, otterremmo certamente un rendimento superiore al 4%, in quanto un ETF costa meno.
In questo esempio, ipotizzando un costo dello 0,7% anziché del 2% del PIR, avremo un rendimento netto pari al 5,3% (cioè 6%-0,7%).
A suo discapito l’ETF non gode del beneficio fiscale…Quindi?
Quindi prendiamo un foglio excel (la tabella che vi allego e che potete riutilizzare) e facciamo i conti!
In un periodo di 6 anni:
Investendo in un PIR, trasformiamo 10.000 Euro in 12.653 Euro al 4%, mentre utilizzando un ETF ci ritroveremmo con 13.632 Euro (perché l’investimento viaggia al 5,3% anziché al 4%).
Al capital gain (cioè al guadagno) dell’ETF occorre però applicare la tassazione, che è pari al 26% di 3.632 Euro, e cioè 944 Euro.
13.632 Euro – 944 Euro = 12.688 Euro, in linea con il risultato del PIR.
Attenzione però!
Se modificate i parametri i risultati possono cambiare. Ad esempio:
- Per rendimenti superiori al 6% medio, il PIR conviene rispetto all’ETF perché l’effetto esenzione fiscale batte il risparmio di commissioni;
- Per rendimenti inferiori al 6% medio, l’ETF vince sul PIR (il beneficio fiscale incide meno del differenziale costi);
- Su orizzonti temporali superiori ai 6 anni conviene maggiormente l’ETF, perché la perdita di performance del PIR dovuta al delta commissioni si amplifica;
- Su orizzonti temporali inferiori ai 6 anni converrebbe maggiormente il PIR ma decadrebbe l’effetto fiscale per cui continua a convenire l’ETF.
In conclusione, investire in un PIR è certamente più conveniente rispetto all’investimento in un tradizionale fondo comune ed è, in linea teorica, pressoché equivalente rispetto a un ETF, su orizzonti temporali non troppo lunghi (fino a 6/8 anni).
Va detto però che il PIR presenta rigidità maggiori rispetto a un ETF (tagli, portabilità tra banche, tempi di negoziazione) e inoltre le performance sono più aleatorie rispetto ai costi.
Queste considerazioni fanno propendere per un investimento in ETF, seppur con una differenza di “dignità” non clamorosa.
Ulteriori note:
- In caso di piano di accumulo (Pac) l’esenzione fiscale si calcola “rolling” su ogni annualità. In caso di vendita, per esempio, al settimo anno dall’inizio del Pac, l’esenzione riguarderà i versamenti dei primi due anni e non dei successivi, per cui sarà parziale.
- Non si deve intendere il PIR come un catalizzatore di rischio sul mercato Italia, nel senso che l’investitore deve prima domandarsi dove vuole investire e se, e solo se, decidesse di destinare risorse al mercato domestico, allora potrebbe considerare l’utilizzo dei PIR, all’interno di un portafoglio comunque diversificato.
Quindi, come per ogni investimento, parti sempre dai tuoi bisogni, dal tuo orizzonte temporale e dalla tua capacità si sopportazione del rischio senza farti condizionare dalle mode del momento!
Massimiliano Trazzi
7 anni fa
Articolo davvero chiaro, poter comparare i due strumenti valutando le diverse variabili in gioco rende tutto il ragionamento più semplice.
Grazie Massimiliano!
7 anni fa
Grazie per la spiegazione … sei stato molto chiaro e preciso
Alberto
7 anni fa
Articolo molto interessante e chiaro. Grazie.
7 anni fa
Grazie e complimenti per l’articolo
7 anni fa
Grazie Massimiliano, sapevo che i PIR sono un prodotto commerciale per aiutare il sistema banche a incrementare le loro vendite, ma la tua bella e fatta bene spiegazione professionale toglie ogni dubbio.
Ho letto il tuo libro in un sol fiato. I miei più sinceri complimenti.
7 anni fa
Grazie Massimiliano per questo tuo articolo! Molto chiaro e interessante!
7 anni fa
Grazie davvero. Sono contento che l’abbiate trovato utile.
Grazie Giuseppe per il feedback sul libro.
A presto.
7 anni fa
Davvero utile, grazie!
7 anni fa
Più chiaro di così…. Grazie mille
7 anni fa
Di nuovo grazie!
6 anni fa
Esiste anche la possibilità di investire su un ETF con le medesime caratteristiche di un PIR e che, come quello, gode dello stesso trattamento fiscale