Di diversificazione ho già parlato più volte in passato qui sul blog (se vuoi rintracciare i vecchi articoli tramite le parole chiave puoi utilizzare la casella “enter search keyword” in alto sulla destra, in assoluto ti consiglio anche di registrarti alla mailing list tramite il webform qui a lato per poter sempre rimanere in contatto con tutti gli aggiornamenti e le nuove risorse gratuite pubblicate) e, d’altra parte, essendo uno dei concetti più noti, usati ed abusati dell’arena degli investimenti, era davvero difficile evitare di discuterne o per me non trattare l’argomento e dare la mia personale opinione in merito.
Il nuovo punto di discussione è che questa volta, dato il contesto attuale di enorme incertezza sui mercati finanziari mondiali e sull’economia in genere, anche io concordo sul fatto che diversificare i propri investimenti in maniera anche parecchio scorrelata possa al momento essere una buona idea, forse l’unica in grado di frammentare il rischio e allo stesso tempo strizzare anche un pelino l’occhio alle importanti opportunità che sempre i mercati comunque presentano.
Facendo un passo indietro, se in assoluto “occorre sempre diversificare” è, assieme a “pensa sempre sul lungo termine”, uno dei due tipici slogan di tutti i bancari e promotori del mondo, è anche vero che molti grandi investitori e trader con in testa il leggendario Warren Buffett hanno sempre bollato il diversificare come un’ “ammissione preventiva di ignoranza” della serie: “Visto che non ho la minima idea di come andranno i vari investimenti compriamo di tutto un pò così siamo sicuri di non mettere il 100% dei nostri beni su un unico cavallo e rischiare di incappare in brutte sorprese”.
In effetti il ragionamento è corretto da entrambi i lati perchè se diversificando diminuisco i rischi perdo tuttavia anche la chance di massimizzare i miei guadagni, cosa invece che potrei fare svolgendo analisi accurate e gestendo attivamente le mie posizioni soprattutto azionarie come insegno ai miei allievi durante i corsi [workshop_what what=”490″ color=”navy”] (prossima edizione il [workshop_when what=”490″ color=”black”] a [workshop_where what=”490″ color=”black”], CLICCA QUA PER ISCRIVERTI) e [workshop_what what=”488″ color=”navy”] (prossimo corso il [workshop_when what=”488″ color=”black”] a [workshop_where what=”488″ color=”black”]).
Il momento attuale è tuttavia davvero particolare (vedi anche i miei ultimi articoli pubblicati sul blog) perchè se da un lato noi possiamo continuare a fare corrette analisi e valutazioni di trend o macro-economiche su azioni, obbligazioni, immobili, metalli preziosi o altro, è altresì vero che esistono importanti elementi di rischio e di imponderabilità che agiscono alle spalle dei singoli strumenti o mercati finanziari e mi riferisco in particolare all’assolutamente possibile crack da un momento all’altro delle due principali valute mondiali (dollaro e euro), alla crisi del credito che sta mettendo in enorme difficoltà l’economia reale e più in generale ai tanti segnali di collasso sistemico che si stanno sempre più rincorrendo.
Di tutti questi eventi e macro scenari sono parecchio evidenti due cose:
- che le informazioni che noi privati cittadini riceviamo sono parecchio frammentarie e confuse per non dire spesso artificialmente nascoste o pilotate
- che persino i potenti della terra e i maggiori economisti mondiali non sanno davvero con quale inedita bestia si stanno confrontando e palesemente si muovono a casaccio senza sapere veramente che pesci pigliare per fronteggiare i problemi (o, in alternativa, lo sanno benissimo e stanno solo mettendo in scena una lunga pantomima alle spalle dei cittadini ed in tal caso lo scenario diventa ancora più inquietante …)
Sia come sia, per quanto possiamo essere bravi o preparati nello stendere le nostre previsioni e valutazioni, quello che vorrei riuscire a comunicare è che su quali macro-scenari vedranno la luce siamo più nel campo delle scommesse che in quello delle analisi razionali.
Ecco quindi che possiamo dividerci tra fatalisti, pessimisti, opportunisti, teorici della cospirazione, fautori della dissoluzione dell’euro, contrarian etc. e, a seconda di come la pensiamo in merito a queste questioni e al grado di prudenza o aggressività che ci caratterizza, decidere di buttarci su beni rifugio come i metalli preziosi fisici o persino terreni e proprietà agricole, tenere tutto in conto corrente o conti di deposito (che però se il sistema bancario salta potremmo anche perdere integralmente e ci sono molti che pensano che anche le garanzie fino a 100.000 € offerte dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi potrebbero saltare…), speculare sui grandi rendimenti obbligazionari dei paesi o delle aziende più a rischio, acquistare a mani basse in borsa soprattutto italiana approfittando degli attuali prezzi di saldo, rifugiarci nei non redditizi titoli di stato tedeschi, convertire gli euro in altre valute come i franchi svizzeri o le corone norvegesi e a quel punto magari metterli anche fisicamente in cassaforte per non rischiare con la tenuta della banca e così via.
Come si vede, le possibilità sono pressochè infinite e qui ho citato solo le più conosciute, alcune di queste idee perseguono la massimizzazione della resa dei propri investimenti, altre sono invece puramente ed esclusivamente difensive e miranti al salvaguardare i propri asset o addiirittura a limitare le perdite.
E’ evidente che, tra dieci o vent’anni, quando guarderemo indietro a questi giorni del 2012 tutti gli eventi che oggi sono assolutamente confusi ci sembreranno chiari e capiremo che la cosa migliore da fare in questi giorni sarebbe stata la soluzione “A” e che invece perseguire lo scenario “B” non solo ci ha fatto perdere l’opportunità della vita ma magari ha cancellato in due e due quattro il sudato risparmio di vent’anni di lavoro.
Che fare quindi se lo scenario è così confuso?
Scommettere sulle nostre convinzioni e lanciare i dadi sperando nella dea bendata o realmente al momento ammettere la nostra difficoltà nello sviluppare previsioni aventi elevate chances di successo e rischi limitati e di conseguenza diversificare e tenere i piedi in più scarpe?
Come avrai capito, la mia idea è che se mai c’è stato un tempo in cui diversificare ha avuto davvero senso, questo è OGGI e il “COME” diversificare con criterio e efficacia sarà uno degli argomenti che tratterò con maggiore cura durante il prossimo corso [workshop_what what=”490″ color=”navy”] il [workshop_when what=”490″ color=”black”] a [workshop_where what=”490″ color=”black”].
Se l’idea della diversificazione è infatti semplice e di immediata comprensione (“Non mettere tutte le tue uova in un unico paniere” secondo un vecchio detto) è altrettanto vero che le logiche secondo cui attuarla sfuggono ai più che magari spinti in tal senso dal bancario di turno credono di aver diversificato semplicemente perchè hanno investito in un Fondo Comune di Investimento basato sul mercato azionario americano senza tuttavia comprendere che la loro diversificazione è si presente in relazione al fatto che il Fondo non investe su un’unica azione bensì su molte (e quindi eliminiamo il rischio legato al collasso della singola azienda) ma tuttavia è limitata dal fatto che stiamo puntando su un’unica valuta (il dollaro), un unica asset class (le azioni), un unico mercato (quello americano), un unico timing (il momento di acquisto delle quote del fondo) e in ogni caso ci stiamo schierando su un attivo di tipo cartaceo che ha i suoi vantaggi ma anche le sue vulnerabilità.
Insomma, come tutte le cose, anche la diversificazione ha le proprie regole da comprendere e seguire nel dettaglio prima di poter essere attuata con efficacia.
Roberto Pesce
12 anni fa
Ciao Roberto,
condivido con te la necessità di diversificare gli investimenti visto il persistere della situazione di tensione nell’area Euro. Personalmente ritengo che l’affannosa, e per ora poco fruttosa, ricerca di soluzioni alla crisi dovrebbe “consigliare” scelte di natura precauzionale per tutelare i propri risparmi.
La valuta europea soffre di disequilibri strutturali legati al debito delle aree periferiche, squilibri acuiti dalla bassa crescita economica generale. Purtroppo, ad oggi, la mancanza di strutture europee capaci di arginare le crisi di liquidità limita le possibilità di intervenire rapidamente sui focolai di tensione.
Pur sperando in una soluzione positiva mi preparo anche allo scenario peggiore, perciò ho già da tempo eliminato dai miei portafogli le obbligazioni bancarie (legate a doppio filo alle tensioni sul debito europeo) e inserito strumenti, sia governativi che corporate, in valute diverse dall’euro (Dollari Usa, Franchi Svizzeri, Corone Norvegesi, Renminbi (la valuta cinese), ecc.) oltre ai metalli preziosi (oro, argento, platino e palladio).
Un altro elemento che considero imprescindibile è l’utilizzo di strumenti a gestione attiva e flessibile che adottano diverse strategie alternative:
• flessibile, mira a ridurre al minimo i rischi di fluttuazione del capitale, ricercando nel contempo le migliori fonti di redditività
• total return, ad esempio tramite un’esposizione flessibile alla volatilità, positiva quando detta volatilità è debole, negativa quando essa è elevata
• equity market neutral, startegia che permette agli investitori di neutralizzare l’aspetto direzionale del mercato e di esporsi solamente al divario di performance tra i titoli selezionati e il resto del mercato
• parity risk, che parte dal principio di equa distribuzione del rischio tra le classi di attivo per definire la quota di portafoglio da destinare ad azioni, obbligazioni e materie prime.
Di fronte a uno scenario inedito e incerto è meglio essere realisti e far proprio il motto dell’investitore Seth Klarman: “Nell’investire non è mai sbagliato cambiare idea. Lo sbaglio è cambiare idea e poi non fare niente.”
12 anni fa
Articolo interessantissimo e altrettanto interressante commento di Michele. Ma mi permetto una domanda forse un po provocatoria… Se presupponiamo di mettere in portafogli strumenti in valuta diversa dall’euro e strumenti legati ai metalli preziosi; e se evitiamo di acquistare obbligazioni bancarie per ovvi motivi…. Ma allora non sarebbe il caso di unire capre e cavoli e acquistare questi prodotti direttamente presso banche straniere e in valute diverse dall’euro? Esempio usa e svizzera?
12 anni fa
Caro Massimo,
la scelta di una banca estera è un ulteriore opzione nella strategia di protezione dal rischio euro, ma va fatta con attenzione per non cadere dalla padella alla brace e considerando la burocrazia che ne segue (compilazione dei quadri RW e RN).
Io la ritengo una soluzione utile più per avere una riserva di liquidità in valuta forte in una banca non italiana. Per quanto riguarda gli investimenti quelli invece sono comunque separati dal destino della banca (italiana o non) e la diversificazione valutaria si può fare attraverso gli investimenti, anche se il conto di appoggio è denominato in euro.
Comunque avere un conto estero presso un intermediario affidabile è una scelta da considerare, anche solo per il “supporto psicolgogico” che può dare se dovessero presentarsi situazioni da “corsa agli sportelli”, che speriamo non si debbano mai verificare…
12 anni fa
Bell’articolo