Vi capitano mai quei momenti in cui vi sentite perplessi e vi fermate un attimo a riflettere sul senso delle cose?
Ecco, oggi per me è uno di quei momenti.
Mi sono fermata in un bar a mangiare un panino, come al solito alla velocità della luce, e seduta al tavolino in vetrina mi accorgo che di fronte a me, dall’alto lato della strada, torreggia un cartellone colorato che annuncia fieramente la prossima apertura di una gelateria.
La prima domanda sorge spontanea: “un’altra?”
Avete provato a contare quante gelaterie nuove sono nate nei nostri paesi?
Non entro nel merito del business del gelato perché non ho informazioni sufficienti, ma vi invito a riflettere in generale sulla legge di domanda e offerta: alta domanda di beni e scarsa offerta significa prezzi in salita, mentre alta offerta e media domanda significa abbassamento dei prezzi.
Parlando di gelati significa che in un paese di 10000 anime c’è una bella differenza se c’è una sola gelateria a vendere gelati oppure ce ne sono 14 che devono spartirsi i golosi!
L’eccesso di offerta non porta di solito buone nuove per i guadagni.
“Sicuramente ci sono aspetti che non ho valutato” penso fra me e continuo a mangiare il mio panino.
Ma qualcosa continua a frullarmi per la testa.
“Ma prima di questa non c’era già un’altra gelateria?” ecco cosa non mi quadra! “Se errare è umano perseverare è diabolico!”
Da imprenditrice professionale inizio a domandarmi cosa spinge le persone a lanciarsi in progetti di lavoro senza aver valutato ogni informazione e cosa posso fare per evitare che alcune attività finiscano solo per dilapidare TFR dei genitori o pagare finanziamenti bancari decennali.
Alcuni bar, negozi di abbigliamento o improbabili locali spesso non raggiungono i 18 mesi di vita.
Innanzitutto ritengo che la disinformazione sia una delle cause principali della perdita di denaro.
Gli investitori (che siano imprenditori o risparmiatori) perdono soldi quando non conoscono le regole della partita che stanno giocando!
Una delle prime regole è comprendere le fasi del ciclo economico. E questo vale sia per i grandi sistemi che per un piccola gelateria di paese!
Le 4 fasi del ciclo economico
Il mercato divide la sua vita in 4 fasi cicliche.
Prima fase
Nella prima fase un mercato è stabile, poche oscillazioni di valore, c’è una gelateria, due al massimo per paese, la percezione della massa è che si tratti di un ambiente riservato a chi già sa come ci si muove; c’è insomma un senso di indifferenza generale.
Seconda fase
Nella seconda fase le informazioni cominciano ad uscire dalla nicchia ed arrivano pian piano anche a operatori meno qualificati che cercano investimenti facili e sognano di diventare ricchi velocemente e senza impegno. La domanda di quel bene inizia a crescere, il suo valore anche. Nascono 3, 5, 10 gelaterie in un anno.
La percezione è “posso averla anche io”, “non è così difficile”, “mi hanno detto che si guadagna”.
Il valore si impenna, c’è fame di gelato.
Terza fase
Nella terza fase le informazioni si fanno curiose: la gelateria storica del paese vende (facendo utile sulla vendita), e 2 gelaterie nuove vengono aperte.
Sentimenti contrastanti!
Quarta fase
Nella quarta fase i dubbi si fanno largo velocemente fra i neofiti e i ricavi attesi non si materializzano. La paura inizia a far capolino; c’è chi comincia a vendere mentre altri chiudono producendo perdite del 70/80% dell’investimento.
E tutto questo perché?
Perché, come le stagioni, anche gli investimenti hanno le loro fasi e ogni fase presenta caratteristiche uniche, ben riassunte da questo schema:
Se spostiamo il nostro esempio dalle gelaterie ai Bitcoin ritroviamo lo stesso schema.
All’inizio la domanda di Bitcoin era scarsa, era limitata agli addetti ai lavori che ne avevano intuito il potenziale (fase 1).
Con l’andare del tempo si è iniziato a parlare sempre più spesso di cripto valute come di un investimento talmente interessante da cambiarti la vita. La domanda è salita vertiginosamente (fase 2) a causa dell’acquisto massiccio di investitori dilettanti, ma poi improvvisamente il valore del Bitcoin, dopo un attimo di incertezza nel quale gli addetti ai lavori hanno iniziato a vendere (fase 3), ha iniziato a scendere violentemente lasciando sul campo perdite importanti (fase 4).
È chiaro ora quanto sia importante cogliere i segnali e fare la cosa giusta al momento giusto?
C’è un confine troppo sottile tra un buon investimento e una potenziale perdita e si chiama Timing o tempismo.
Morale della favola: chiediti in che fase si trovano i tuoi investimenti, il tuo business, il tuo risparmio e decidi come agire.
Occupati del tuo denaro prima che qualcuno, più informato di te, se ne occupi.
Ricorda che se le regole del gioco non appaiono sempre chiare, di solito, non è un caso…anzi!
Mara Goi
5 anni fa
Ciao Mara, che bello leggerti!
Anche io spesso mi chiedo se la gente che apre negozi quasi a caso prima soppesi i rischi! Bisogna essere molto sprovveduti o davvero troppo ottimisti per aprire determinate attività!
Venendo al timing di ingresso è un mio grosso problema! Le emozioni sono forti e condizionano la mente in maniera travolgente!
Ogni tanto mi credo quasi competente in materia finanziaria, ma se poi mi guardo alle spalle vedo che mi sono comportato esattamente come nel grafico che hai messo non riuscendo a sfruttare i momenti più interessanti e, a volte, entrando nei momenti peggiori 😀 … devo imparare a stare di più alla finestra ad osservare piuttosto che buttarmi a capofitto!
Grazie del ripasso cara Mara!
Una buona vita
5 anni fa
Ciao Andrea, bentrovato. A pensarci bene la mancanza di timing corretto per entrare in un investimento/business è stata la causa anche delle mie perdite peggiori. A volte ci lasciamo entusiasmare da una intuizione.. E anche un po’ accecare. Magari l’idea era giusta, ma i tempi erano sbagliati.. Troppo presto o troppo tardi.. È in quei momenti che capiamo quanto sia importante lavorare prima sul mind setting, sulla mentalità, e solo dopo sulla scelta dell’operazione. Se si è settati correttamente, infatti, l’investimento si trova. Un caro saluto e buona mentalità!
5 anni fa
Ciao Mara,
hai centrato il punto e tu che fai Impresa puoi testimoniarlo a testa alta.
Pensa che ancora oggi ci si può imbattere su Facebook nei post di pseudo imprenditori che, di fronte alle difficoltà in cui versano le loro attività, decidono (bontà loro) di non suicidarsi, nonostante le mille difficoltà dovute alla crisi e allo Stato vessatorio.
A causa di uno Stato che li priva delle condizioni per guadagnare onestamente, si appellano alla Costituzione per sentirsi moralmente giustificati a non pagare le tasse.
Ora, a parte l’ovvia illegalità di tale procedura, sono francamente un po’ stanchino di questo modus operandi, che trae le sue radici dalla teoria del “benaltrismo”, tipica del popolo italico.
La tesi, prevede che i propri insuccessi derivino dalle colpe degli altri.
Ai primi posti della classifica di colpevolezza troviamo in ordine sparso:
– Lo stato persecutore che ti seppellisce di tasse
– La burocrazia che rallenta i processi
– La crisi economica
– L’euro che ci ha portato in miseria
– Gli immigrati clandestini che tolgono il lavoro ai miei figli laureati
– Il jobs act, la crema nei bomboloni e l’invasione delle cavallette.
Tutti temi concreti per carità, non sarò io a rinnegarli – la crema dei bomboloni rimane un baluardo delle mie proteste studentesche :).
Prima però di accanirmi polemicamente sul benaltrismo, vorrei anticipare che in qualità di libero prof. titolare di p.iva, mi confronto ogni giorno con la più alta tassazione a carico di un lavoratore, la contestuale mancanza di ogni forma di tutela e la concreta possibilità che la pensione non esista più quando avrò 70 anni (se mai ci arriverò).
Frequento il girone infernale della gestione separata dell’inps, e l’unica consolazione rimastami é che i miei versamenti paghino (anche) la pensione dei miei genitori.
Fatta questa doverosa premessa, vengo al punto.
Gina (nome di fantasia per non urtare la sensibilità benaltrista) dichiara che di fronte all’impossibilità di trovare un lavoro, ha aperto una gelateria con qualche amico/socio.
L’esempio vale anche per Michele, che da esperto di karate decide di lanciare una scuola di arti marziali. Ci sarebbe anche Marco, la cui passione sfrenata per le Essenze, lo invita ad aprire un negozio di prodotti “odoranti” per la casa.
Useró Gina nella mia analisi, ma la sostanza non cambia il risultato.
Dunque, gli affari vanno così così, i costi la strangolano e le tasse sono troppo alte.
Ma lei non cede, non vuole lasciare l’Italia in cerca di fortuna e decide di non uccidersi.
Lo stato le impone di pagare più tasse rispetto al fatturato presunto, per cui parte la ribellione fiscale.
Tralascerò il fatto che, nonostante gli studi settore/redditometro ti chiedano denaro in funzione di fatturati presunti, sia possibile pagare comunque sulla base degli effettivi incassi.
È probabile essere sottoposti a verifica in questi casi, ma non vedo dove sia il problema.
Ciò detto, mi chiedo se l’attività imprenditoriale avesse le credenziali per prosperare, perché in effetti, fare impresa non è proprio una banalità.
– > È stata fatta un’analisi del fabbisogno nell’area di insediamento (media di gelato consumato in un anno da una persona)?
– > C’erano altre gelaterie concorrenti nella zona?
– > Erano presenti elementi differenzianti nella proposta al mercato?
– > È stato fatto un serio business plan che prevedesse in quanti anni rientrare dall’investimento iniziale e che tipo di profitti potesse generare?
– > E’ stata studiata una strategia di comunicazione?
– > È stato progettato un sistema efficace per portare nuovi clienti e far spendere sempre di più quelli abituali?
Come giustamente dici, Mara, qui non si improvvisa nulla, le regole le fa il mercato, fine dei giochi.
Conosco personalmente chi negli ultimi 10 anni ha puntato SOLO sulle idee, sulle passioni, su finanziamenti a fondo perduto per giovani start-up o per donne aspiranti imprenditrici.
RISULTATO: si sono mangiati il TFR dei genitori aprendo birrerie, tabaccherie, bar, negozi di artigianato, fumetterie e via discorrendo..
Forse 30 anni fa poteva bastare, oggi devi chiederti come puoi rispondere ad una concreta esigenza del mercato, che valore puoi dare con il tuo contributo, come confrontarti con la concorrenza e come proporti ad un target specifico per fornire i tuoi prodotti /servizi.
Oggi più di ieri, non si improvvisa nulla.
Un abbraccio
Gian Paolo
5 anni fa
Caro Gian Paolo.. Centro perfetto. Purtroppo i tempi sono cambiati e non basta più avere una passione o saper fare un lavoro manuale per aprire una attività, bisogna saper fare impresa. Se sommi poi la concorrenza sleale di altri paesi della nostra cara Europa che propongono. ad esempio, il costo del lavoro a prezzi stracciati, la burocrazia italica che ci seppelisce tra fattura elettronica, privacy, registratori di cassa da collegare con l’agenzia delle entrate, pagelle fiscali.. E chi più ne ha più ne metta.. Ti rendi conto che l’impresa più che mai oggi è un lavoro da imparare. Buona vita.