A detta della Protezione Civile i numeri dei contagi comunicati ogni giorno alle 18,00 sono ampiamente sottostimati, pare di una decina di volte, ma a ogni bollettino si innescano speranze, calcoli e dibattiti infiniti. È controproducente per la salute mentale e la tenuta emotiva seguire questo balletto quotidiano, ma è quasi inevitabile così come lo è interrogarsi sul futuro.
Ho preso atto di non essere immune dai danni psichici che la situazione comporta quando mi sono sorpresa a convenire con una frase di Trump: “Non lasceremo che la cura sia peggiore del problema!”.
Lo ammetto con una certa riluttanza, come Fonzie quando tenta di dire “ho sbagliato”, ma le parole di Trump hanno un fondo di verità.
Per mia magra consolazione, a differenza di Trump, non credo che gli interessi economici debbano prevalere sulla salute delle persone o che si debbano sacrificare vite sull’altare del PIL. Credo anzi che le misure di contenimento drastiche siano doverose e necessarie, benché ci siano esempi come la Corea del Sud che ha seguito altre strade. Loro sono preparati a questo tipo di problemi: hanno piani, procedure, tecnologia e controlli stringenti, noi no.
Qui stiamo facendo tutti del nostro meglio, con continui aggiustamenti, in una situazione straordinariamente difficile e nuova.
Certo a sentir parlare di multe e droni mi scatta un tremore all’occhio e se si dovessero nominare i microchip sottopelle sono pronta a passare dalla parte dei complottisti.
Detto questo, se penso al futuro, temo che i numeri continueranno a dettare legge ancora per parecchio tempo perché dopo la pandemia gli impatti sull’economia reale, che altro non è che la vita di tutti noi, rischiano di essere anche peggiori.
Economia reale: imprese
L’economia è fatta di aziende che producono, dipendenti che ci lavorano e di tutti noi che grazie alle nostre entrate compriamo beni o servizi dando da mangiare a commercianti e liberi professionisti.
Quanto siamo connessi l’abbiamo ben chiaro, direi.
Il nostro tessuto economico è del tutto simile a quello sociale e la crisi che deriverà dalla pandemia si svilupperà secondo le stesse logiche del virus, mietendo vittime o rendendoci immuni, e forse più forti, a seconda delle situazioni .
Quante vittime, ovvero quante imprese non supereranno la crisi che ci aspetta, deriverà soprattutto da due aspetti:
- Quanto lunga sarà l’emergenza e quindi la chiusura dei settore produttivi;
- Quali e di che portata saranno i provvedimenti che saranno o non saranno presi a sostegno delle imprese.
Così come socialmente siamo caratterizzati da una popolazione anziana, economicamente siamo fatti di piccole e medie imprese, per lo più l’evoluzione della classica azienda a conduzione familiare. In grandissima parte si tratta di realtà sottocapitalizzate, cioè con poche risorse messe da parte per i momenti difficili, che ricorrono ogni mese al credito bancario per pagare dipendenti o imposte. Queste saranno le prime vittime perché, come abbiamo imparato a capire, hanno già patologie pregresse che complicano la situazione.
Ma anche nelle situazioni più solide ci sarà da prestare molta attenzione. Sono poche le realtà che reggono due o tre mesi di totale mancanza di fatturato, quindi di entrate.
È vero quindi che ciò che viviamo non è una guerra in termini di distruzione di stabilimenti produttivi, ma chi chiude ora non è detto che riesca a riaprire.
Il risultato sarà una massiccia perdita di occupazione e una spirale di inevitabile disagio sociale che è indispensabile prevenire.
Molti Stati, consapevoli della situazione, hanno già stanziato ingenti risorse.
Noi, che non abbiamo mai brillato in lungimiranza e buona gestione al pari di quelle piccole imprese di cui sopra, stanziamo al momento una misura palliativa (tra buoni stravaganti, spiccioli agli autonomi e fondi in via di definizione), poco più che una rassicurante pacca sulla spalla.
Non ci resta che puntare tutto sull’Europa, altro che sovranismi e Italexit!, sperando che ci salvi ancora una volta e che il conto che inevitabilmente prima o poi arriverà, non sarà troppo salato.
Se fossi un imprenditore ora attiverei tutte le misure necessarie e disponibili per il contenimento dei costi e la sospensione/slittamento di debiti e soprattutto penserei come suggeriva l’amica Mara in un precedente articolo, a come convertire produzione e strumenti per un mondo che sarà altro.
Economia reale: autonomi
Ripensare alla propria attività rendendola smart e digitale, o quantomeno adattabile, diventa necessario anche per gli autonomi. Penso a una cara amica psicoterapeuta che ha iniziato a fare consulenze via Skype, o a chi ha convertito la produzione di abbigliamento per realizzare camici e mascherine. È ovvio che l’estetista, il parrucchiere, il calzolaio, ecc. faranno fatica e, se non hanno le spalle coperte, saranno quelli in maggior difficoltà.
Economia reale: dipendenti
I dipendenti hanno ancora meno margine di manovra. Dovranno sperare che l’azienda per cui lavorano si sia saputa ben gestire e rendersi disponibili se ci sarà da lavorare in agosto o adattandosi a nuove mansioni.
Tutelati i diritti fondamentali s’intende, ognuno dovrà fare la propria parte, proprio come stiamo facendo ora.
Economia reale: risparmiatori
Se è vero che siamo un popolo anziano, di aziende poco capitalizzate e di piccole dimensioni è anche vero che siamo ricchi di risparmio privato.
Alcuni di questi risparmi, investiti in varie forme, hanno subito gravi deprezzamenti o, per i più preparati, si sono tradotti in soldi liquidi sul conto corrente. Qualcuno ha colto le occasioni che il mercato presentava di acquisto in super sconto su alcuni titoli o settori (petrolio, tecnologici, assicurazioni) altri si tengono liquidi per affrontare con più serenità il futuro.
Nella nostra Community in questi giorni i confronti costruttivi sono all’ordine del giorno e ogni lunedì e giovedì le dirette di Roberto Pesce sono un’ottima occasione per farsi un’idea più concreta di quello che ci aspetta o trarre suggerimenti utili.
Personalmente eviterò di lasciare liquidità sui conti, perché tra le manovre più probabili del dopo vedo una patrimoniale per finanziare la ripresa.
Insomma come è successo in passato per le grandi pandemie, anche questa cambierà le nostre vite.
Mi auguro solo che nel ripensarci, ristrutturarci, rifinanziarci e soprattutto nel riprenderci, non perderemo di vista le buone consapevolezze di questo terribile momento: la necessità di prenderci cura di noi e dell’ambiente, il calore dei rapporti umani, il bisogno di vicinanza che abbiamo, l’incredibile solidarietà e creatività di cui siamo capaci. Nessuno si salva da solo, dopo dovremo ricordarlo più che mai.
Sarebbe davvero triste se di tutto ciò rimanesse solo una tacca sui libri di storia.
Giorgia Ferrari
5 anni fa
Bellissimo articolo, Giorgia, grazie ?.
5 anni fa
Grazie a te Susanna.
5 anni fa
Ottima riflessione. Brava.
5 anni fa
Grazie Antonio.
5 anni fa
Bello. Articolo concentrato e sopratutto meditativo…
u.serafino