In un recente intervento, Mario Draghi l’ex presidente della BCE, ha parlato di un concetto cardine dell’INTELLIGENZA FINANZIARIA, la distinzione tra debito buono e debito cattivo.
A qualcuno è suonato familiare, per tanti ha generato un nuovo lessico che sarà ascritto al pari del celebre “whatever it takes”, per altri ancora è risultato poco comprensibile.
Senza la pretesa di fare l’esegesi del discorso di Mario Draghi (tu guarda nella vita uno dove si infila…) credo sia utile calare qualche riflessione alla nostra vita quotidiana e in fin dei conti alle nostre tasche.
La vera differenza tra debito buono e debito cattivo.
“Non si può accettare un mondo senza speranza” dice Draghi partendo da quello che è successo e dalla situazione di estrema incertezza che ora paralizza consumi e investimenti.
L’analisi si sofferma sugli strumenti utilizzati per dare una spinta all’economia: i debiti.
Uno Stato crea debito ogni volta che attinge a risorse che non ha per finanziare qualcosa. L’Italia ricorre al debito anche per le spese correnti come gli stipendi degli statali, le pensioni, la sanità, le opere pubbliche, la scuola ecc.
In questa situazione oltre alle necessità correnti ha dovuto finanziare quelle straordinarie come la cassa integrazione, il sostegno ai lavoratori in proprio con i famosi 600€, stanziando garanzie per finanziare le imprese…
I debiti che contrae lo Stato hanno diverse forme.
Una grossa parte è data dai titoli emessi e in emissione (vedi i BTP Italia, BTP Futura ecc.). Un’altra avrà la forma dei Recovery Fund e del MES.
Di per sé il debito non è né buono né cattivo.
Quello che determina la differenza sono le conseguenze, cioè come uso i soldi per cui mi indebito.
Per semplificare al massimo un debito è cattivo se ti toglie denaro dalle tasche, un debito è buono se (nel tempo) ti porta denaro in tasca.
Il debito cattivo.
Esempi di debito cattivo sono tutti gli acquisti al consumo fatti a rate: l’auto più grande, la TV, il divano, le vacanze…
Debiti che hanno la conseguenza di togliere risorse al presente e soprattutto al futuro delle tue tasche senza generare nessun valore, nessun ritorno economico, ma solo una gratificazione immediata e non permanente.
Il debito buono.
Il debito buono è quello destinato a creare ricchezza.
È il debito ad esempio che fa l’imprenditore per comprare un macchinario per produrre di più, è il mutuo per un’immobile da ristrutturare e rivendere, è il costo investito in formazione per avere maggiori qualifiche, più competenze, è in parte, e solo con adeguata preparazione, il denaro investito a leva.
Il debito buono in sostanza produce nel futuro (se tutto va bene) l’effetto positivo di accrescere il tuo patrimonio.
Vedi anche il video sul canale YouTube di Roberto Pesce:
E qui torniamo al discorso di Draghi che individua nei giovani il patrimonio in capitale umano di una nazione e critica la politica di sussidi impostata nell’emergenza, necessaria in quello specifico momento ma non risolutiva.
«I sussidi servono a sopravvivere», ha detto, «ma un giorno o l’altro finiranno e ai giovani invece noi dobbiamo dare di più». «Saranno loro a dover ripagare il debito che stiamo creando, è nostro dovere far sì che abbiano tutti gli strumenti per farlo».
Adesso che tutti i parametri di contenimento dell’indebitamento sono saltati e toccherà alla generazione future pagare.
«La necessità è quella di avere un programma lungimirante, non legato all’emergenza», aggiunge Draghi mettendo l’accento sull’etica delle scelte, sull’impatto a lungo termine.
Una dimensione che tante volte viene trascurata.
Giorgia Ferrari
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