Ti sei mai chiesto perché a ogni edizione il telegiornale dia le notizie di borsa?
Come ha aperto Wall Street, l’indice Nasdaq, come ha chiuso il Mib. Indici, dati e numeri la cui provenienza diamo per scontata e che non ci siamo mai forse chiesti da dove arrivino e cosa rappresentino davvero.
Quando la borsa va a gonfie vele crediamo che cresca anche l’economia, che se la borsa si alza allora lo faccia anche la ricchezza.
Ma se si sommano tutti i beni e servizi comprati e venduti in un paese quel numero non cresce come l’indice della borsa che lo rappresenta.
Quindi, cosa misura esattamente il mercato azionario?
Il mercato azionario è come un banchetto per le limonate
Per capire cosa misuri il mercato azionario immagina un business molto semplice come il banchetto delle limonate.
Il banchetto, gestito dalla nostra Jo, vende alla grande ma a Jo non basta. Lei vuole espandere i suoi affari e, per farlo, ha bisogni di soldi. Chiede alle banche che le dicono no, perché è un’attività nuova e finanziarla sarebbe troppo rischioso, allora Jo chiede direttamente al mercato. Fa la cosidetta IPO (Initial Public Offering) cioè un’offerta al pubblico di quote della sua società che intende quotarsi per la prima volta su un mercato regolamentato. Gli investitori pagano una certa cifra per possedere un pezzetto della società.
Jo vende le quote e pian piano costruisce il suo impero aprendo nuovi banchetti di limonata.
Dei profitti che incassa ne ridà una parte agli investitori sotto forma di dividendi. Non è obbligata a farlo, ma aiuta a convincere le persone a credere in lei.
E così, chi si è perso la IPO comincia a chiedere agli altri investitori di comprare le quote della società di Jo per il doppio del prezzo a cui il primo l’ha pagato, tanto pensa che potrà rivenderle in futuro a un prezzo maggiore.
Così inizia lo scambio di azioni. Le persone comprano o vendono pezzi di società, non tanto per il loro valore, ma in base a quello che pensano che queste società possano valere in futuro.
Migliaia di scambi così ogni secondo, in tutte le borse del mondo di cui Wall Street, la borsa di New York, è il grande capo.
Mercato azionario: Wall Street e gli indici di borsa
Quando si parla di Borsa il pensiero va subito a Wall Street.
La borsa di New York esiste dal 1792, quando 24 agenti di borsa, indossati i loro migliori abiti e cilindri, si riunirono sotto un albero di pioppo a Wall Street.
Oggi le più grandi compagnie del mondo sono trattate lì e il New York Stock Exchange (NYSE) è la più grande borsa valori come volume di scambi, tanto che è soprannominata The Big Board.
Il Nasdaq, nato nel 1971, è il primo esempio al mondo di mercato borsistico elettronico, cioè costituito da una rete di computer e, per questo, non ha un luogo fisico che lo caratterizza. Il Nasdaq è come se fosse un fratello minore della borsa di New York, racchiude le quotazioni delle compagnie tecnologiche come Apple, Facebook, Amazon, EBay, ecc.
Perciò in America se si vuole sapere come sta andando il mercato (stock market) occorre conoscere come vanno NYSE e Nasdaq.
Ed è qui che entrano in gioco gli indici, che non sono altro che un numero preciso ricavato da un’enorme quantità di prezzi e di scambi.
Lo S&P 500 (Standard & Poor 500) traccia gli scambi delle 500 maggiori aziende quotate a New York, mentre il Dow Jones è molto più esclusivo e ne segue solo 30 considerate le più importanti del paese.
Ogni paese, ogni borsa, ha i propri indici.
Il tedesco DAX, il londinese FTSE 100, l’indice Nikkei a Tokyo e l’italiano MIB.
Mercato azionario tra strategie e stratagemmi
Durante il ‘900 le maggior aziende facevano capo a una sola persona o a una famiglia di riferimento. I Rockfeller per il petrolio, Vanderbilt per le ferrovie, Carnagie per l’acciaio.
Ma nel ventesimo secolo le aziende scoprirono quello che ha scoperto la nostra Jo. Ovvero che se si dà a più persone la possibilità di comprare quote, la società ottiene molte più risorse per crescere.
Negli anni dopo la seconda guerra mondiale la Borsa ha aiutato le imprese a crescere e a creare posti di lavoro e benessere. E ha esteso l’opportunità di guadagnare, non solo ai ricchi, ma anche agli americani medi generando ottimi introiti agli investitori.
Anche Warren Buffett viene da lì.
Le sue strategie di investimento, basate sull’analisi attenta dei valori delle società, dei bilanci, l’analisi del mercato, tutti i principi che Roberto Pesce spiega fra le altre cose a INTELLIGENZA FINANZIARIA, sono diventate regole per chi fa investing.
Ma, sempre più, a queste strategie ben ponderate si oppone ora quella che John Maynard Keynes, uno dei maggiori economisti del XX secolo e premio Nobel, chiamò la teoria del beauty contest.
Uno stratagemma popolare per azzeccare gli investimenti in borsa.
Keynes ha immaginato un concorso indetto da un giornale dove i partecipanti dovevano votare i sei volti di donna più belli. Chi avesse azzeccato la vincitrice, cioè il volto più votato dai partecipanti del concorso, avrebbe potuto vincere un premio.
Per vincere il contest quindi non mi conviene votare quello che io credo sia il volto più bello, ma quello che penso che gli altri voteranno come il migliore.
Ed è questo che succede sempre di più in borsa.
Non è il valore reale delle aziende quello che porta avanti la loro quotazione, ma è la storia a cui crede maggiormente la gente.
A volte le storie sono sostenute dai fatti. Fatti negativi come lo scandalo sulle emissioni che ha fatto crollare Volkswagen ad esempio. Ma a volte le storie sono solo montature e le bolle nascono proprio quando sempre più persone credono in queste storie perché tutti ne parlano.
La somma di tutto ciò che immaginiamo possa succedere, influenzati dai media di ogni tipo, determina la nostra decisione di comprare o vendere.
Ed è questo che misura il mercato azionario discostandosi dai dati reali dell’economia di un paese.
Saper riconoscere quali storie siano sostenute da fatti e quali no, fa la differenza per chi vuole investire con successo nel tempo.
Giorgia Ferrari
6 anni fa
Ciao Giorgia, bell’articolo! Rende facile una cosa che non saprei neanche come iniziare a spiegarlo a chi me lo chiedesse 😀
Certo che è spaventoso però!
Così facendo si creano castelli di carte giganteschi sopra al quale c’è l’azienda…fondazioni di carta non sempre riescono a sostenere un società con P/E oltre i 100.
Basta vedere il crollo di facebook che, a fronte di una leggera crescita degli utili, ma non tanto quanto si aspettavano gli analisti, è crollata del 20% nel pre-market -_-”
E’ proprio un mondo folle!
Una buona vita, alla prossima!
6 anni fa
Grazie Andrea,
se qualcuno te lo chiedesse dagli il link dell’articolo 😉
Un giorno ragioneremo anche su come la logica dei profitti di breve termine perpetrata dalle aziende per remunerare gli azionisti stia ulteriormente condizionando i valori di borsa senza portare beneficio all’economia reale.
Per ora, buona vita anche a te.
Gio