Sentendomi un pò in colpa con i miei lettori per averli trascurati nelle ultime settimane ed essendo invece stimolato dall’esito positivo della “Grande Intervista” rivolta alla mailing list che produrrà nel tempo frutti ampiamente positivi per tutti, mi sono rimboccato le maniche cercando di trovare non solo degli spunti interessanti ma anche una qualche forma di risposta alla fatale domanda: “Perchè la stragrande maggioranza degli investitori, per non dire la pressochè totalità di chi ha seguito i consigli delle banche, perde soldi negli ultimi 10-12 anni?”
Lo scenario da prendere in considerazione affonda le sue radici in due periodi storici, per motivi differenti estremamente semplici da cavalcare per banche e risparmiatori/investitori ma, per le stesse ragioni, anche altamente diseducativi visto che ci hanno riempito di vizi e cattive abitudini di investimento difficili da estirpare.
Il primo momento a cui mi riferisco parte dagli anni ’50-’60, gli anni del boom economico in cui la neonata Repubblica Italiana aveva necessità di crescere e vendeva debito pubblico ai propri cittadini pagandolo sistematicamente in doppia cifra e in alcuni casi anche oltre il 15% annuo.
Questo era il periodo dei cosiddetti “BOT people”, intere generazioni di italiani che risparmiavano ogni centesimo che potevano e investivano sistematicamente in BOT e altri Titoli di Stato o nella propria abitazione di proprietà. I BOT erano un investimento semplice da proporre per le banche e ancora più semplice da capire per chi lo praticava. Titoli che pagavano un rendimento alto, preconfigurato e garantito dallo Stato. Lasciando perdere in questo ragionamento il tema dell‘inflazione galoppante, investire in BOT in quegli anni era il massimo della vita.
La cuccagna iniziò a rallentare a metà degli anni ’80 per terminare pressochè completamente nel giro del decennio successivo quando i rendimenti suddetti si ridussero a pochi punti percentuali e banche e investitori furono costretti a guardare al mondo azionario per cercare di ottenere ritorni interessanti.
Fortuna (o sfortuna, dipende dai punti di vista) volle che la fine dei grandi rendimenti dei Titoli di Stato concise con uno dei più grandi trend a rialzo mai visti dalla nascita dei mercati azionari, partito ad inizio anni ’80 e durato più di vent’anni con una straordinaria accelerazione negli anni ’90 in cui l’avvento dell’informatica di massa, della telefonia mobile e in ultimo di internet produssero un boom borsistico in cui tantissimi si arricchirono in maniera … troppo facile e altamente diseducativa.
In quegli anni chiunque comprasse quasi qualsiasi titolo azionario guadagnava e le banche vendevano i loro Fondi Comuni di Investimento e altre e ben peggiori diavolerie finanziarie gravide di costi e commissioni a risparmiatori ignari ma comunque ben contenti di continuare a comprarne perchè con mercati che rendevano in quel modo anche tosandoli pesantemente quegli stessi strumenti producevano comunque buoni ritorni anche per i clienti finali.
La musica è radicalmente cambiata a partire dal 2000. Da lì in poi siamo entrati nella “Sporca Dozzina”, il tempo del guadagno facile per tutti è terminato e la volatilità, le crisi e l’incertezza costanti hanno iniziato a dominare.
Negli ultimi dodici anni (e a mio parere ancora per molto tempo a venire) hanno iniziato a essere determinanti attenzione e competenza e la maggioranza dei risparmiatori non avendo investito su stessi e sulla propria formazione e preparazione ha iniziato ad accumulare una delusione dopo l’altra.
Vediamo insieme i dati concreti, grafici e numeri alla mano.
Quello che segue è il grafico dell’indice MSCI WORLD (l’indice che traccia i movimenti complessivi dei mercati azionari dei paesi a maggiore industrializzazione, in questa prima versione nella sua classica rappresentazione con le quotazioni espresse in dollari americani) dal 1994 ad oggi su cui ho evidenziato i trend principali e i pivot point di massimi e minimi storici.
Come si può facilmente vedere, gli anni ’90 terminano con una lunga e ampia fase rialzista iniziata ben prima del 1994 (dati precedenti non disponibili graficamente) e da lì in poi si susseguono trend crescenti e decrescenti piuttosto vigorosi ma di ampiezza simile tra loro con i massimi storici sostanzialmente equiparati a fine 2007 e con l’ultima crisi ad oggi recuperata per poco più di metà strada.
Se guardiamo anche come i minimi del 2002 e del 2009 siano sostanzialmente allo stesso livello possiamo facilmente evidenziare come negli ultimi 12 anni i mercati mondiali si siano essenzialmente mossi lateralmente pur con grandi swing a rialzo e a ribasso.
Chi avesse investito nel 2000seguendo i saggi consigli bancari di “pensare sul lungo termine” ad oggi sarebbe quindi in perdita abbastanza sostenuta considerando anche che Fondi Comuni, polizze Unit o Index Linked, Gestioni Patrimoniali e affini sono gravati da pesanti commissioni di mantenimento che, vale la pena ricordarlo, le banche tranquillamente prelevano indipendentemente dal fatto che i loro Fondi e i loro clienti guadagnino o perdano denaro grazie ai loro suggerimenti e strumenti. Se poi aggiungiamo al ragionamento un pizzico di finanza comportamentale secondo la quale il risparmiatore non educato fa quasi sempre la cosa sbagliata comprando sui massimi e vendendo sui minimi la frittata è quasi completa.
Dico “quasi” perchè quanto sopra varrebbe per un risparmiatore americano ma le cose per noi italiani sono andate ancora peggio e nel prossimo articolo, sempre grafici e dati storici alla mano spiegherò il perchè ma, soprattutto, quali sono le alternative valide e funzionali per rimediare agli effetti nefasti che la “Sporca Dozzina” sta producendo sui nostri portafogli.
Stay tuned quindi, ci vediamo presto per la seconda parte del nostro ragionamento.
Roberto Pesce