In situazioni di crisi le banche trovano il terreno fertile per proporre prodotti a capitale garantito facendo leva sulla paura dell’investitore.
Tipicamente questi prodotti sono proposti sotto forma di polizze, le cosiddette index linked, titoli strutturati la cui remunerazione è legata all’andamento dei prezzi di un paniere di azioni quotate (equity), di indici di mercato (index), di valute, ecc.
Il modo in cui questi prodotti di ingegneria finanziaria sono costruiti prevede una componente obbligazionaria che garantisce la restituzione del capitale investito dal risparmiatore più un eventuale interesse, mentre lo strumento finanziario derivato “scommette” su un determinato evento con la finalità di dare all’investitore un extrarendimento rispetto a quello dell’obbligazione.
Se l’indice o il paniere di titoli non rispettano o non raggiungono i parametri stabiliti, l’investitore non percepisce cedole e alla scadenza riceve solo quanto investito inizialmente, a meno che l’investimento non assicuri delle cedole minime e/o un rendimento minimo garantito a scadenza.
La garanzia di restituzione del capitale investito è legata alla solvibilità dell’emittente obbligazionario, salvo eventuale copertura da parte dell’emittente della polizza.
Questi prodotti sono generalmente inefficienti a causa di vari fattori:
- i costi impliciti di sottoscrizione che vengono subito sottratti dal valore della polizza e sono a carico del cliente
- la scarsa liquidità, peggiorata dal fatto che la index può non essere quotata, danneggia l’investitore che volesse venderla prima della scadenza
- il tipo di scommessa sbilanciato a favore dell’emittente del derivato
Per ovviare a questi problemi e beneficiare comunque della possibilità di garantire il capitale investito ad una certa scadenza ci si può costruire in autonomia un portafoglio protetto.
Operativamente questo può essere realizzato combinando un’obbligazione (generalmente uno zero-coupon bond) e uno o più investimenti azionari (ad esempio un portafoglio di ETF) e i dettagli di questa operatività specifica pressochè sconosciuta al grande pubblico dei risparmiatori saranno solo uno dei contenuti che svilupperemo assieme al corso [workshop_what what=”492″ color=”navy”] il [workshop_when what=”492″ color=”black”] a [workshop_where what=”492″ color=”black”].
Una volta compresa la dinamica operativa, grazie a un tool informatico semplice ma efficace, una volta scelta l’obbligazione a garanzia e la percentuale di capitale che si vuole protetto a scadenza, sarà facilmente calcolabile la quota da investire nell’azionario mirata all’ottenimento di un rendimento importante.
Procedendo in questo modo, salvo problemi di solvibilità dell’emittente obbligazionario, si avrà la garanzia di ottenere almeno il proprio capitale a scadenza indipendentemente da un potenziale andamento negativo del portafoglio azionario (e quindi per assurdo anche in caso di perdita totale della quota a rischio) .
A tutti gli effetti, vale la pena ribadire ancora una volta come negli scenari così complicati e volatili dei mercati finanziari moderni sia sempre più necessaria preparazione e competenza per poter bilanciare adeguatamente rischi e opportunità e non sia più possibile affidarsi a impianti semplici come quelli di una volta che prevedevano prima portafogli essenzialmente solo obbligazionari in Titoli di Stato (dagli anni ’60 fino a tutti gli anni ’80), all’epoca considerati “sicuri” a prescindere e in quegli anni almeno nominalmente assai redditizi e poi (per tutti gli anni ’90 sino al 2000), l’investimento azionario genericamente diversificato che, in un decennio di mercato con forte trend rialzista, forniva rendimenti notevolissimi anche se effettuato tramite prodotti bancari inefficienti e costosi.
Oggi e per chissà ancora quanto tempo a venire, serve utilizzare entrambe le asset class (azioni e obbligazioni) al meglio, magari combinandole tra loro in portafogli strategici che ne massimizzino i rispettivi pregi minimizzandone i difetti.
Michele Colosio